Il biologico ha nuove regole
di Cinzia Catrini – Avv. penalista specializzata in diritto e sicurezza alimentare (www.studiocatrini.it)
È entrato definitivamente in vigore con un anno di ritardo per via dell’emergenza epidemiologica il nuovo Regolamento 848 del 2018 che ha abrogato il vecchio impianto normativo del 2007. Il nuovo provvedimento, di difficile gestazione è stato finalmente approvato in via definitiva dopo 15 anni e 3 legislature, si compone di una parte generale con 61 articoli e di 6 allegati che riguardano la parte applicativa della norma, all’inizio troviamo i 24 considerando e oltre 70 definizioni. Al regolamento 2018/848 fanno poi seguito numerosi regolamenti che lo integrano, lo modificano e ne dettano le norme di esecuzione. Un impianto normativo di non facile consultazione.
Gli atti delegati che modificano l’atto di base sono progressivamente incorporati nel testo cosiddetto “consolidato” dell’atto legislativo e ne entrano a far parte. Si precisa che la versione consolidata del Regolamento (UE) 2018/848è resa disponibile solo a scopo informativo, ma non ha effetti giuridici. Le versioni autentiche degli atti pertinenti, compresi i loro preamboli, sono quelle pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e disponibili in EUR-Lex.
La produzione biologica viene definita come un sistema completo, ecologico e sostenibile che prevede l’implementazione dei migliori procedimenti naturali per la produzione agroalimentare, con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente, il clima, le risorse naturali, la biodiversità ed il benessere animale, promuovendo le filiere corte e la produzione locale.
A proposito del benessere animale è stabilito che in ambito biologico l’obiettivo è realizzare condizioni migliorative rispetto a quelle generalmente previste dalle norme dell’Unione in materia di zootecnica. Viene così posta attenzione alle condizioni degli animali negli allevamenti, dalla loro densità all’accesso all’aria aperta ecc.
Le nuove norme investono tutte le fasi della filiera agroalimentare: produzione, preparazione, lavorazione, trasporto, stoccaggio, distribuzione fino alla fornitura al consumatore finale e sono volte a tutelare i soggetti che a vario titolo vi partecipano. In particolare, ai produttori primari viene assicurato un reddito equo derivante dalla produzione e vendita di prodotti dall’elevata qualità certificata, riconosciuta come tale dai consumatori.
Del resto, la produzione biologica è un sistema di gestione sostenibile che si basa sui seguenti principi generali:
- rispettare i sistemi e i cicli naturali e mantenere e migliorare lo stato dei suoli, delle acque e dell’aria, la salute dei vegetali e degli animali e l’equilibrio tra di essi;
- preservare elementi del paesaggio naturale;
- assicurare un impiego responsabile dell’energia delle risorse naturali;
- produrre un’ampia varietà di prodotti di elevata qualità che rispondano alla domanda dei consumatori;
- garantire l’integrità della produzione biologica in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione di alimenti e mangimi;
- escludere l’uso di organismi geneticamente modificati(OGM), ovvero prodotti ottenuti da o tramite OGM con l’eccezione di medicinali per uso veterinario;
- limitare l’uso di fattori di produzione esterni;
ed al fine di evitare effetti negativi sull’ ambiente e sulla salute di animali e piante, i produttori infatti devono:
- adottare misure preventive in ogni fase della produzione, preparazione e distribuzione per garantire la conservazione della biodiversità e la qualità del suolo
- prevenire l’evenienza di organismi nocivi e malattie
- controllare organismi nocivi e malattie;
- adottare misure precauzionali proporzionate al fine di evitare la contaminazione da parte di prodotti o sostanze non autorizzati per l’uso nella produzione biologica.
Due quindi i principi di fondo espressi nel nuovo Regolamento:
- occorre far ricorso a tecniche di produzione che impediscano o riducano al minimo l’impiego di sostanze non naturali;
- occorre limitare i fattori di produzione esterni all’azienda biologica (a prescindere dal fatto che siano naturali).
La produzione biologica dovrebbe tendenzialmente essere quanto più naturale possibile, cioè facendo ricorso a sostanze chimiche solo nella quantità minima indispensabile e solo se specificamente autorizzate per la produzione biologica (pesticidi, farmaci veterinari, prodotti per la pulizia, additivi per gli alimenti trasformati ecc.).
Le strategie da adottare consistono principalmente nella selezione di varietà vegetali e di specie animali longeve, resistenti alle malattie e più adattabili alle diverse condizioni pedoclimatiche locali, nel mantenere e potenziare la vita e la fertilità naturale del suolo (ad esempio tramite la rotazione delle colture), nell’utilizzo di metodi meccanici e fisici di protezione dai nemici naturali e dagli organismi nocivi, ecc.
Coerentemente con questa regola, come detto sono banditi OGM, le radiazioni ionizzanti e la clonazione animale (ma rimane consentita ad esempio l’inseminazione artificiale).
Novità da segnalare sono quelle inerenti le produzioni di alimenti trasformati.
Quanto all’autorizzazione degli ingredienti non biologici vi sono due macro-categorie: la prima formata da ingredienti che richiedono una specifica autorizzazione da parte della Commissione UE (che pubblica e aggiorna annualmente un apposito elenco) e, in casi particolari, dagli Stati membri (artt. 24 e 25); la seconda, invece, formata da ingredienti già direttamente autorizzati dal regolamento in esame.
Nella prima rientrano ingredienti agricoli non biologici (soprattutto alimenti di agricoltura extra-UE), oltre che additivi e coadiuvanti tecnologici.
La seconda è delineata nel regolamento ove compaiono preparazioni aromatiche e sostanze aromatizzanti naturali, coloranti utilizzati per la stampigliatura delle carni e dei gusci d’uovo, acqua potabile, sali, sostanze minerali (anche oligoelementi), vitamine, aminoacidi e micronutrienti (nel rispetto delle norme vigenti quanto agli integratori alimentari, alimenti addizionati e alimenti per gruppi specifici).
Diverse novità riguardano proprio gli aromi.
Sotto la vecchia normativa, tutti gli aromi naturali erano ammessi nella produzione biologica.
Il nuovo testo, invece, ammette solo gli aromi naturali indicati nell’omonimo regolamento. Ad esempio, si può dire “aroma naturale di limone” solo se il 95% del componente aromatizzante, da cui l’aroma è tratto, appartenga al limone.
ULTERIORI PUNTI CHIAVE
Il Regolamento amplia l’ambito di applicazione della legislazione esistente sulla produzione e l’etichettatura di prodotti biologici [regolamento (CE) n.834/2007] includendo prodotti strettamente legati all’agricoltura quali il sughero, il sale, gli oli essenziali, il cotone e la lana.
Armonizza le regole applicabili agli operatori biologici dell’Unione europea e di paesi terzi tramite l’introduzione del sistema di controllo della conformità.
Semplifica l’accesso al regime per i piccoli operatori.
Riesamina le norme sulla produzione animale biologica e introduce regole sulla produzione per le nuove specie come ad esempio i conigli.
In tema di certificazione, in questa sede si vuole evidenziare la novità rappresentata dalla certificazione di gruppo, prima riservata esclusivamente ai produttori dei Paesi in via di sviluppo.
I gruppi di operatori sono composti da agricoltori e/o acquacoltori di piccole dimensioni e geograficamente vicini, facenti uso di un sistema di commercializzazione comune e sottoposti ad un sistema per i controlli interni per la verifica del rispetto delle regole sulla produzione biologica da parte di ciascun membro. Il vantaggio è quello di poter richiedere una certificazione di gruppo, la quale ha naturalmente una minor incidenza dei costi di ispezione e degli oneri amministrativi connessi alla certificazione biologica. Chiaramente, i membri del gruppo poi non possono vendere i loro prodotti certificati se non attraverso il gruppo stesso.
Il nuovo Regolamento vede con maggior favore rispetto che in passato anche l’azienda mista biologica ovvero quella che adotti regimi diversi (biologico, in conversione e convenzionale) per prodotti diversi. Per poter operare, tuttavia, l’azienda deve tener ben separate le diverse produzioni, mediante suddivisione in unità di produzione chiaramente ed effettivamente distinte. Se ciò non è possibile, vanno comunque adottate misure per dividere nettamente i prodotti destinati al regime biologico, convenzionale o in conversione, onde evitare contaminazioni accidentali, tenendo adeguate registrazioni per quelli biologici.
Si ricorda che, idealmente, un’azienda biologica dovrebbe produrre solo alimenti biologici, in quanto la certificazione biologica riguarda il metodo di produzione, e non i singoli alimenti. Quando un’azienda decide di certificarsi, deve sottoporsi ad un periodo di conversione, che decorre dalla data di notifica all’Autorità competente del proprio Stato (per l’Italia, il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) e dura per 12 mesi, nel corso dei quali è obbligata ad osservare pienamente le rigide regole previste dal regolamento in parola (e atti derivati), ma senza poter presentare i propri prodotti come biologici. Alcuni di questi, che ricadono in categorie limitate, possono tuttavia essere commercializzati come “biologici in conversione”.
Del resto, rispetto al Regolamento del 2007, che prevedeva deroghe ed eccezioni più numerose e flessibili ai principi evidenziati per ottenere la certificazione bio, il nuovo testo è molto più rigido e, eccetto deroghe specifiche contemplate dalle singole norme di produzione, l’unica categoria generale prevista è quella delle “circostanze calamitose, in presenza delle quali gli Operatori saranno legittimati a non seguire i disciplinari di produzione biologica.
Anche per quanto concerne l’importazione nel mercato unico di prodotti biologici realizzati da Paesi terzi, la novella normativa incide in modo restrittivo su quello che era il cd regime di equivalenza. Detto altrimenti, L’importazione di prodotti da Paesi terzi per le cui produzioni si riconosce un’equivalenza anche sul piano dell’attività di controllo richiede comunque al momento dell’importazione un certificato di ispezione che comprovi la conformità alla normativa sul biologico.
LA LEGGE NAZIONALE SUL BIOLOGICO
In questo nuovo contesto europeo da ricordare che nel testo licenziato ai primi di marzo della Legge nazionale “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” inoltre è da annoverare tra le principali novità la definizione di produzione biologica quale attività di interesse nazionale, con il riconoscimento di una funzione sociale e ambientale
È vietato il ricorso ai termini “biologico “ o “bio” per i prodotti accidentalmente contaminati da organismi geneticamente modificati.
Infatti, ulteriore novità di spessore a livello nazionale è senz’altro l’istituzione di un marchio biologico italiano “per caratterizzare i prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana contraddistinti dall’indicazione Biologico italiano”. Il marchio è di proprietà del Ministero, le condizioni e le modalità di attribuzione saranno specificate da un decreto ministeriale entro massimo tre mesi. Anche il logo si dovrà assegnare tramite un bando.
Ai fini di incentivare l’agricoltura biologica inoltre, si prevede che con un decreto ministeriale da emanare entro 90 giorni, il Ministero adotti un Piano d’azione nazionale per la produzione biologica e i prodotti biologici al fine di:
- agevolare la conversione al biologico, con particolare riferimento alle piccole imprese agricole;
- sostenere la costituzione di forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera del biologico;
- incentivare il biologico attraverso iniziative di informazione ed educazione al consumo;
- monitorare l’andamento del settore;
- favorire l’insediamento di nuove aziende biologiche nelle aree rurali montane;
- migliorare il sistema di controllo e di certificazione;
- prevedere il consumo di prodotti biologici nelle mense pubbliche e in quelle private in regime di convenzione; incentivare la ricerca.
nonché
un piano nazionale per le sementi biologiche finalizzato ad aumentare la disponibilità delle sementi stesse per le aziende e a migliorarne l’aspetto quantitativo e qualitativo con riferimento a varietà adatte all’agricoltura biologica e biodinamica” (ecco la seconda menzione).
- l’istituzione di un Fondo per lo sviluppo della produzione biologica
- la possibilità di stipulare contratti di rete e costituire cooperative tra produttori del biologico.
- la promozione di specifici percorsi formativi nelle università pubbliche,
- la destinazione di quota parte delle risorse dell’attività del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) alla ricerca in campo biologico,
- attività di ricerca nel piano triennale del Consiglio per la ricerca in agricoltura (Crea) nonché la destinazione del 30 per cento delle risorse del Fondo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica alla ricerca nel settore.
Si punta inoltre sulla promozione della formazione professionale nel settore e si consente la creazione di distretti biologici, nei quali sia significativa la produzione con metodo biologico (tra le possibilità la creazione di forme di certificazione di gruppo, organizzazioni interprofessionali, organizzazioni di produttori biologici).
Che dire?
L’agricoltura biologica contribuisce alla protezione dell’ambiente e del clima, alla fertilità a lungo termine del suolo, a elevati livelli di biodiversità, a un ambiente atossico e a elevati standard di benessere animale… un passo avanti verso la sostenibilità?